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A PASSAGE TO BANGKOK (Thailand 2007-2008)

© Alessandro Scarano 2008

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Bangkok, 22 dicembre 2007

Rieccomi in giro e, tanto per cambiare, dall’altra parte del mondo rispetto al previsto (avevo prenotato un “Messico/Guatemala/Belize” con Avventure Nel Mondo, ma un piano voli assurdo mi ha fatto cambiare idea, nonché continente).

Organizzato (?) nel giro di un paio di giorni un giro in Thailandia, sono partito con una compagna di viaggio oramai collaudata (Iran, Etiopia, Oman) con un volo della Kuwait Airways (1.229 euro).

Se l’aeroporto di Kuwait City si è confermato il solito posto privo di attrattive (e di posti a sedere), il nuovissimo aeroporto internazionale di Bangkok si è rivelato organizzatissimo e funzionale, con procedure burocratiche e consegna dei bagagli sbrigati in un attimo, ed una quantità di taxi pronti a portarci in albergo (dopo che solerti addetti hanno provveduto a scrivere per il tassista l’indirizzo in thai, a consegnarmi un modulo con il nome del tassista per eventuali lamentele, e a fornirmi le istruzioni per il pagamento, visto che a nostro carico sono anche 50 Bath di tassa aeroportuale e complessivi 60 Bath di autostrada, oltre ovviamente a quanto segnerà il tassametro).

Alla fine, con 310 Bath siamo arrivati in mezz’ora al New World Lodge Hotel, non lontano da Khao San Road e prenotato da Roma via internet a 6.400 Bath per quattro notti.

Siamo arrivati durante il mese di festeggiamenti per l’ottantesimo genetliaco del sovrano ed in occasione delle elezioni politiche, che si terranno questo weekend.
Tutta la città è piena di bandiere nazionali alternate con quelle gialle della casa reale, e sono parecchie le persone che indossano una polo gialla commemorativa del compleanno reale.
Ci sono in giro dei manifesti elettorali, ma nessun porcile di carata stratificata come da noi.

Tramite l’agenzia di viaggi posta di fronte all’albergo abbiamo risolto il problema di trovare un volo da Chiang Mai a Phuket che ci eviterà il lungo tragitto dal nord al sud, e abbiamo conseguentemente iniziato ad affinare il programma di viaggio.

Nel pomeriggio, considerato che i principali palazzi e monumenti sarebbero stati chiusi, abbiamo perso tempo facendoci portare (e prendere) in giro da un tuk tuk che staziona davanti all’albergo, e che ci ha portato ad un tempio di marmo che non era alcunché di speciale (Wat Bendramahophit), al classico negozio di stoffe seriche a prezzi elevati, e ad un’altra agenzia di viaggi che ci è stata di pochissimo aiuto nel cercare alloggio alle Isole Surin ma ci ha – in cambio – intirizzito con l’aria condizionata.

Non fa poi molto caldo (anche perché dopo l’esperienza estiva a Massawa il mio concetto di “caldo” è molto cambiato...), ma l’inquinamento nell’aria si sente.

Per la cena abbiamo optato per il vicino Roti Mataba, poco più di una rosticceria take-away, dove abbiamo mangiato benino a 207 Bath in due, dopodiché passeggiata fino alla famosa Khao San, la strada dei locali e ristoranti frequentata soprattutto dai backpackers.

Il New World Lodge Hotel è un albergo quasi lussuoso per i miei standard, con una camera grande con TV, frigorifero e cassaforte, ma con un bagno forse non adeguato al livello generale dell’albergo.

Bangkok, 23 dicembre

Stamattina abbiamo preso il traghetto fluviale che ci ha portati (10 Bath a testa, anziché i normali 13, ma in questi giorni c’è lo sconto per via delle elezioni) al molo di Tha Chang, dal quale siamo andati a visitare il complesso del Wat Phra Kaew, un insieme di costruzioni sacre estremamente kitch, ed il vecchio Palazzo Reale.

Siamo poi passati al Wat Pho, con il suo Buddha sdraiato lungo e dorato, e con la sua scuola di massaggio dove per un’ora (a 350 Bath) ci hanno pigiato qua e là.

Non so quanto beneficio possa averne tratto, ma sicuramente non ho migliorato la mia condizione intestinale, resa preoccupante – ritengo – dai surrogati di spremute d’arancia fredde presi a colazione.

Dopo una doverosa pausa/pennica in albergo durante le ore calde, abbiamo provato ad andare in taxi a Chinatown, ma solo per scoprire che, per l’ora tarda o per la giornata domenicale o per entrambe le cose, era tutto chiuso.

Cena a Th Rambutri, vicino all’albergo, in un localino sul marciapiede (120 Bath in due), e poi passeggiata per Khao San alla ricerca di un locale che trasmettesse il derby Inter-Milan (alle 15 in Italia, e quindi alle 21 qui).

Quando avevo oramai perso le speranze, visto che in Thailandia sono tutti patiti di Premier League e trasmettono in continuazione solo partite del campionato inglese, ho finalmente intravisto su di uno schermo i colori “giusti” e mi sono inchiodato ad un tavolino fino alla giusta e sacrosanta vittoria per 2-1.

È seguito un curioso scambio di sms con un amico e collega interista, che ho scoperto aver seguito anche lui la partita in diretta ma... a Parigi!

Bangkok, 24 dicembre

Sveglia prima dell’alba, colazione e taxi verso la stazione degli pullman di Mo Chit, da dove alle 8,00 siamo partiti (50 Bath a testa) per un giro in giornata alle rovine dell’antica capitale Ayutthaya, dove siamo arrivati dopo 2 ore di viaggio, rabbrividendo per l’aria condizionata a manetta.

Abbiamo girato a piedi per i vari templi, il cui ingresso costa in genere 30 Bath (al botteghino tendono, una volta pagato, a “dimenticarsi” il biglietto, così da intascare direttamente i soldi, ma se guardate insistentemente la scritta “una volta pagato, fatevi dare il biglietto” che campeggia sulla cassa, il tagliando viene subito consegnato).

Siamo riusciti a vedere i principali siti che si trovano sull’isola creata dai tre fiumi in circa tre ore, dopodiché abbiamo preso un tuk tuk che per l’esorbitante cifra di 200 Bath ci ha portato, nel giro di un’altra ora, al Wat Na Phra Mem (nulla di eccezionale), al bel Wat Chai Wattanaram, imperdibile complesso che ricorda un pò i templi della mia amatissima Angkor, e alla fine di nuovo alla fermata del bus per Bangkok, che stava partendo proprio in quel momento.

Il biglietto costava 5 Bath in più dell’andata, ma almeno l’aria condizionata era meno feroce.

Ad Ayutthaya forse sarebbe stato meglio prendere delle biciclette in affitto, anche se il Wat Chai Wattanaram si trova un pò fuori mano, e la strada non ha indicazione alcuna.

Cenone (si fa per dire...) natalizio all’Hemlock, pieno di italiani che – come noi – erano stati attratti dalla buona recensione della Lonely Planet.

Certo, la cena è costata 415 Bath in due, ma il posto è almeno più rifinito delle bancarelle per strada...

Bangkok, 25 dicembre

Sarà stato più rifinito, l’Hemlock, ma il suo cibo piccantissimo ha rovinato sia me che la mia compagna di viaggio, tanto che abbiamo passato la mattinata in camera per far riprendere con calma i rispettivi apparati digerenti, pure abituati ai cibi speziati.

Nel pomeriggio ci siamo diretti con il traghetto fluviale verso il mercato ortofrutticolo di Thewet, scevro da visite di turisti (anche perché non vi sono in vendita paccottiglie di sorta, ma solo cose che finiscono solo nelle case dei locali), e poi ancora con il traghetto nella zona dell’Oriental Hotel, ovvero degli alberghi lussuosi, dove abbiamo visitato un centro commerciale di antiquariato asiatico di qualità.

Qui ho assistito all’acquisto, da parte di una coppia, di una statuetta che la venditrice asseriva essere originale del XIII secolo, e che sarebbe stata esportata con un certificato che ne avrebbe attestato la sua “falsità”.

A pensare che con questo sistema sono stati depredati tutti i siti archeologici del sud est asiatico mi girano le palle, ma purtroppo ci posso fare ben poco.

Rientrati in albergo in taxi, ci siamo avvalsi dell’agenzia di viaggi di fronte per prenotare anche i pernotti di Chiang Mai, Phuket e Phi Phi, lasciandoci liberi altri 5 o 6 giorni prima del rientro a Bangkok.

Cena in un locale (?) su di un marciapiede del vicoletto che porta all’albergo dalla strada principale, tutto ottimo a 220 Bath in due.

Sukhothai, 26 dicembre

Oggi trasferimento da Bangkok a Sukhothai, con pullman delle 9,00 che è arrivato a destinazione alle 15,00, con tanto di sosta-pranzo compresa nel prezzo.

Il pullman era comodo, e neanche freddo come ce lo aspettavamo, visto che l’aria condizionata è stata utilizzata – per fortuna – con parsimonia.

Alloggiamo al Ruen Thai, albergo molto carino a vedersi, curato nella struttura, nel mobilio e nella gestione.

All’arrivo, basta fare una chiamata dal telefono pubblico (meno di 5 Bath) e dall’albergo mandano qualcuno a prelevare i graditi ospiti (sono venuti a prenderci, tra l’altro, con una lussuosa jeep).

Abbiamo subito approfittato della piccola piscina posta al centro del cortile, e poi abbiamo fatto due passi verso il terminal di partenza dei bus per il sito archeologico, tanto per vedere quanto ci si mette a piedi (mezz’ora, ma l’albergo provvede gratuitamente al trasporto fino al terminal).

Cena al Poo, ristorante gestito da una thai e da un belga, con porzioni piccoline.

Sukhothai, 27 dicembre

Abbiamo approfittato del “servizio navetta” dell’albergo per farci portare fino alla partenza dei mezzi che vanno al sito archeologico (20 Bath, e... attenzione alla testa!).

Giunti sul posto abbiamo affittato le biciclette (20 Bath l’una per tutta la giornata), fatto il biglietto cumulativo per tutti i siti ed il museo (150 Bath), e cominciato il giro dei vari monumenti.

Tre ore dopo, abbastanza sfiniti per la pedalata (il solo Wat Saphan Hin si trova su di una collina a circa 3 km dalle mura), abbiamo visitato il museo, riconsegnato le bici e siamo tornati in albergo.

Per la cena avevamo individuato già ieri un banchetto posto prima del ponte sul fiume, che ci sembrava promettere bene, mentre alla fine non è stato molto di nostro gradimento (io, comunque, avevo fame e mi sono mangiato i piatti di entrambi...).

Chiang Mai, 28 dicembre

Fatta colazione, siamo stati accompagnati con la lussuosa jeep del Ruen Thai alla stazione dei pullman, dove ci siamo “imbarcati” per Chiang Mai (224 Bath).

Il bus sarebbe dovuto partire alle 9,15, ma in realtà alle 8,33 aveva già lasciato la stazione: meno male che ci eravamo mossi per tempo!
Alle 14,30 siamo giunti a Chiang Mai, abbiamo preso un taxi collettivo (30 Bath per uno, anziché i 15 che si pagano in genere... forse per via degli zaini, ma la differenza era talmente risibile che non mi sono certo messo a discutere) e siamo arrivati al Winner Inn Hotel, che per 800 Bath a notte (senza colazione) ci ha dato una stanza decente (certo, avremmo evitato volentieri la moquette) vicino al centro, dove ci siamo diretti a piedi gironzolando qua e là.

Abbiamo sperimentato la buona cucina – e le numerose zanzare – del The Wok alle 17,30, abbiamo camminato per il mercato notturno (ove si vendono paccottiglia ed imitazioni), e siamo tornati per un’altra razione di cibo al The Wok, ma erano le 21,30 e ci hanno detto che era troppo tardi e che la cucina era chiusa.
Che fare?

L’insegna di una pizzeria italiana sulla stessa strada ci ha tentato, e siamo entrati.

“La pizza è finita”, ci ha detto una cameriera thailandese, sicché abbiamo ordinato – pieni di dubbi e perplessità – delle penne alle melanzane.
Sorpresa! Il cuoco, un ragazzetto thai, ci ha preparato un piatto ottimo, abbondante e, soprattutto, perfettamente al dente.

In fin dei conti sono già sette giorni che mangiamo cibo locale, per cui un ritorno alle origini ci può stare pure bene....

Chiang Mai, 29 dicembre

Oggi giro dei templi della città, giro che ci ha lasciati insoddisfatti perché lo stile non è un gran che ed è decisamente monotono.
In più, in giro ci sono le solite scene che si vedono in quasi tutti i luoghi di devozione, e quindi mercatini di cibo, ricordini, amuleti, e via discorrendo.

Dopo una breve pausa in albergo abbiamo preso un primo taxi collettivo (15 Bath) fino alla partenza dei taxi collettivi per Doi Suthep (40 Bath), situata vicino all’università, e alla fine siamo arrivati alla scalinata del tempio.

Turisti e gitanti locali salivano su per i 306 scalini, per arrivare all’apoteosi di tutto ciò che di negativo si può trovare nei luoghi di culto, con centinaia di bancarelle, richieste di donazioni per le più svariate opere pie, guide in tutte le lingue, e via discorrendo.

In più, il tempio è di un kitsch pazzesco, con stucchi dorati e vetrini colorati, con bambini che si divertono a suonare le numerose campane sparse qua e là, e con una folla che si accalca e si fotografa.

C’è il panorama sulla città, ma Chiang Mai non è che sia proprio un gran che da vedere, e venire qui senza essere interessati ai vari trekking in zona non ha quasi senso.

Fatto sta che siamo ritornati in città, abbiamo approfittato del basso costo della velocissima connessione internet (15 Bath l’ora a più di 20 mega!), abbiamo cenato al The Wok (450 Bath), e ce ne siamo andati a letto presto, visto che domattina ci aspetta una levataccia per essere all’aeroporto in tempo per prendere il volo per Bangkok e, da lì, per Phuket.

Patong (Phuket), 30 dicembre

Partenza dall’albergo alle 7,00 con un taxi per l’aeroporto (400 Bath), volo alle 8,30 per Bangkok, e corsa alla One Two Go, la compagnia aerea, per cercare di essere ammessi sul volo delle 11,40 anziché su quello delle 13,30, per il quale avevamo trovato i biglietti.

Ci ha detto bene, sicché siamo arrivati a Phuket con un paio d’ore di anticipo sul previsto.

All’aeroporto abbiamo preso il minibus per Patong (150 Bath a testa), che a metà strada si è fermato presso un’agenzia di viaggi dove hanno preso nota dell’albergo ove andavamo e lo hanno comunicato all’autista, che quindi ci ha sbarcato proprio davanti alla Erewan Guest House, dove avevamo prenotato da Bangkok.

Sarà, ma per 1.200 Bath speravamo in qualcosa di meglio che non una stanza spartana al quinto piano senza ascensore, senza frigo, con un ventilatore. Ma è per una sola notte, per cui chi se ne frega, abbiamo dormito in posti ben peggiori in passato.

La spiaggia è a 5 minuti di cammino, ma non è bella, è affollata, e l’acqua è tutt’altro che pulita: pare Ladispoli a ferragosto, solo con l’acqua più sporca!

C’è un pò di tutto: coppie di ragazze, pure carine (ma non thailandesi), famiglie locali e non, vecchi bianchi con giovani thai (e senza), qualche baldo giovane coatto come non mai.
In sostanza, prima ce ne andremo e meglio sarà.

Alla sera passeggiata sul caotico lungomare, tutto ristoranti e bancarelle del solito ciarpame, con cena a base di pizza in un ristorante italiano (vabbè che mi piace il cibo thailandese, ma dopo una settimana di sughetti piccanti nei quali nuotano rari pezzi di carne o pesce e svariate verdure ho la necessità di fare scorta di carboidrati).

Anche stasera a letto presto, visto che domattina saremo prelevati all’albergo e portati con il traghetto a Phi Phi Don.

Phi Phi Don, 31 dicembre

Dopo una notte quasi insonne (almeno per me) a causa della caciara notturna di quel posto allucinante che è Patong, siamo stati puntualmente prelevati dall’Erewan e condotti con un minibus all’imbarco per le Phi Phi Islands, le cui foto con spiagge bianchissime e scogliere a picco sul mare verde smeraldo ci avevano convinto a sfidare le dicerie insistenti che le volevano meta di gitanti in barconi e motoscafi (“peggio di Villasimius in agosto”, scrivevano dei ragazzi sardi nel loro diario di viaggio).
Ebbene, la delusione è stata grande.

Che la barca fosse solo una delle affollatissime che conducono turisti giornalieri sull’isola principale (Phi Phi Don) lo avevamo messo in conto, che all’arrivo avremmo visto una bolgia di motoscafi, navi, longtails, catamarani, etc. pure, ma che sulla stessa Phi Phi Don ci fosse qualche decina di migliaia di persone suddivisa in una moltitudine di guesthouses, con banche, supermercati, agenzie di viaggio e punti internet come se piovesse, questo proprio no.

Meno male che abbiamo prenotato solo per due notti!

Dal molo ci siamo serviti di un tizio che, con un carrello e per 50 Bath a testa, ci ha portato i bagagli fino al Phi Phi Dream, guest house che rischia di essere rinominata “Phi Phi Nightmare”.

Il fatto che sia abbastanza distante (15 minuti a piedi) dal molo non significa assolutamente che sia isolata, anzi.
Le stanze(tte) hanno un ventilatore che serve solo a smuovere l’aria, il “bagno” è diviso dalla zona notte solo da una parete di bambù (che nemmeno arriva al soffitto), e di fronte c’è un ristorantino con stereo ad alto volume ed una rumorosa pompa dell’acqua che si spera venga spenta la notte, dato che di giorno gira incessantemente.

Abbiamo provveduto a prenotare un volo che ci consenta di raggiungere Bangkok, l’ultimo giorno del viaggio, da Phuket, e poi decideremo dove trascorrere i prossimi giorni, se a ovest sulle isole Similan o sulle Surin, oppure ad est sulle spiagge dalle parti di Krabi, che rischiano però di risultare anch’esse affollate.

Siamo scesi a Loh Dalum Bay, che presenta un’acqua torbida e con della schiumetta sospetta.
Rassegnati, siamo rimasti un paio d’ore sotto un cielo stranamente nuvoloso, e abbiamo prenotato il cenone di capodanno – 1.500 Bath l’uno, cepi l’avarizia! – al rinomato Ciao Bella, ristorante ovviamente italiano, gestito dal fiorentino Luciano.

La cena, manco a dirlo, non è stata all’altezza (porzioni scarse, cibo poco saporito, riso semicrudo), anche se la cosa che più ci ha disturbato sono stati gli italiani presenti, che non hanno perso l’occasione di far notare rumorosamente la loro presenza, con tanto di largo uso di cellulari per chiacchiere in linea intercontinentale.

Volendo approfittare di una probabile diminuzione nelle presenze in giro per le isole l’indomani mattina, abbiamo cenato in fretta e siamo rientrati al nostro alloggio, ma solo per venire tramortiti dal karaoke selvaggio del ristorante thai di fronte alla nostra stanza, con ragazze locali che stonavano atrocemente le canzoni.

Tappi nelle orecchie, buonanotte e buon anno!

Phi Phi Don, 1 gennaio 2008

Giro delle isole (Phi Phi Don, Phi Phi Leh, Coral Island) finalizzato allo snorkelling, con un barcone a 650 Bath l’uno – panino e frutta compresi – dalle 10 alle 16.
Siamo solo in 9: noi, una famiglia di 5 israeliani e due tipe locali.

Il tempo è bruttino, niente sole, per cui prevedo brutte foto per mancanza di luce giusta.

I posti sarebbero pure belli, ma con il cielo nuvoloso e con i fondali devastati dalle ancore delle numerose imbarcazioni che invadono queste acque tutti i giorni, nonchè dallo tsunami, non ci si gode appieno quanto la natura offre.

Specialmente nella tanto decantata Maya Bay il casino è particolarmente intenso malgrado sia il primo dell’anno, mentre altri luoghi appaiono più vivibili, anche se non  eccezionali (almeno per me, che dopo l’ultima esperienza alle isole Dhalak ho giocoforza cambiato i parametri di apprezzamento dei fondali marini).

Dopo l’ora di pranzo faceva persino freddo, per cui il rientro è stato particolarmente apprezzato.

Stasera ho incontrato in giro Floriana, conosciuta durante il viaggio in Egitto e anche qui capogruppo per avventure nel mondo; loro proseguiranno verso Ao Nang, mentre noi abbiamo deciso che punteremo a nord-ovest, sperando di raggiungere qualche isoletta dove non ci sia troppo casino.

Cena da Hibachi, su Chao Koh, dove per una somma non eccezionale si può mangiare tutto quello che si riesce ad ingurgitare.

Khao Lak, 2 gennaio

Due ore e mezza di traghetto (350 Bath) fino a Phuket, poi minibus (50 Bath) fino alla stazione degli autobus, poi oltre due ore di pullman (90 Bath) fino a Khao Lak.

Pare che gli alberghi siano quasi tutti esauriti, ma per 1.000 Bath troviamo una bella stanza al Grand City (a 700 Bath era anche disponibile, volendo, una stanza senza aria condizionata e senza finestra...), con tanto di TV con RAI International.

Staremo qui per due notti, e poi andremo alle isole Surin, per le quali abbiamo prenotato il trasferimento con minibus da qui fino a Khuraburi e poi con una barca (1.900 Bath a testa).

Proviamo ad andare in spiaggia: non c’è quasi anima viva, ma è anche vero che sta per piovere e si sta alzando il vento, per cui ripieghiamo sulla strada principale (che poi è l’autostrada n. 4), che costituisce – in pratica – tutta la città di Khao Lak e lungo la quale si alternano tutti i ristoranti ed i negozi, per una passeggiata e per connettersi ad internet, così da dare un’occhiata alle previsioni del tempo.

Brutte, per i prossimi giorni nuvole e tanta pioggia... dobbiamo crederci?

Ceniamo in un ristorante alla buona ma molto frequentato, dove i tempi di attesa sono biblici ed il cibo non proprio eccezionale.
Stiamo diventando due rompipalle con la questione della qualità del cibo, ma ci eravamo abituati troppo bene con le bancarelle di Bangkok...

Un’ulteriore “vasca” sulla strada principale ci conferma (ove ce ne fosse bisogno) che in Thailandia i negozi hanno la stessa identica roba: fantasia inversamente proporzionale all’attitudine al commercio.

Khao Lak, 3 gennaio

Contrariamente alle previsioni catastrofiche, oggi c’è stato bel tempo e ce ne siamo andati in spiaggia.
Niente di eccezionale come posto, ma dopo la folla di Patong e di Phi Phi non ci sembrava vero di avere qualche decina di metri quadrati intorno senza gente.

Questo è un posto per famiglie, oppure per appassionati di immersioni, i quali ovviamente sono sempre da qualche parte al largo sulle isole Similan o su qualche altra barriera corallina.

Giornata di ozio, quindi, dedicata a bagni ed abbronzatura: in fin dei conti, siamo “anche” in vacanza...

Cena al Ruen Mai, uno dei tanti ristoranti sulla strada principale, 360 Bath in due per cibo abbastanza buono, ma con servizio lento.

Per domani era in programma la nostra partenza per le isole Surin, ma pare che le barche non usciranno in mare perchè è previsto forte vento con possibilità di grandi onde (e qui di onde ne hanno avute a sufficienza tre anni fa...), per cui toccherà inventare qualcosa per la giornata.

Ci hanno proposto gite al vicino parco nazionale nell’interno, con tanto di giro in elefante (puah...) o ad Ao Phang-Nga, ma l’idea di passare la giornata col torpedone dei turisti non è che ci alletti molto: domattina vedremo che tempo farà e decideremo.

Khao Lak, 4 gennaio

Basta pagare, e la soluzione si trova: con 2.400 Bath per uno, anziché andare con il gruppone turistico, ci siamo permessi una gita “organizzata tutto compreso, pranzo incluso” per noi due ad Ao Phang-Nga.

Con un taxi siamo andati all’imbarcadero delle longtails e poi, attraverso i canali circondati da mangrovie, siamo giunti fino al mare, dove sorgono dalle acque numerosi pinnacoli calcarei, tra cui il famoso Ko Phing Kan, altrimenti noto come Jame (sic!) Bond Island per via del film “007, l’uomo dalla pistola d’oro”, girato qui.

Questo isolotto, la cui foto campeggia ovunque nella agenzie di viaggi, in realtà è un piccolo scoglio, ma comunque di discreto impatto scenico.

Da qui ci hanno portato a mangiare su di un’isola ove sorge un villaggio di pescatori musulmani (con tanto di moschea), e poi di nuovo a terra, sempre attraverso i canali nelle mangrovie.

Ci hanno poi portato al Wat Tham Suwankhma, detto anche “Monkey Temple”, con un paio di grotte fuori delle quali si aggirano numerose scimmie nutrite dai turisti.

Ed infine il parco forestale di Sa Nang Manora, dove ci siamo inoltrati per un’ora e mezzo nel sentiero che entra nella foresta pluviale.

Stanchi e sudati, siamo tornati al tramonto a Khao Lak, per andare a cena nuovamente al Ruen Mai dopo esserci accertati del fatto che domattina alle 7 ci verranno a prendere per andare alle Surin per il tanto agognato snorkelling nel parco marino.

Mu Ko Surin, 5 gennaio

Partenza alle 7 con un minibus, arrivo alle 9 a Khuraburi, partenza con motoscafo veloce ed arrivo a Mu Ko Surin dopo 60 km di traversata con mare buono, durante la quale l’equipaggio ci ha comunque passato delle foglie da masticare e fatto sniffare una specie di Vicks Vaporub contro un eventuale mal di mare (io già mi ero “calato”, in via preventiva, una xamamina).

Eravamo partiti con un cielo nuvoloso, ma poco dopo l’arrivo e la sistemazione sull’isola il cielo si è aperto, rivelando un’acqua trasparente dai riflessi smeraldini.

Qui si pagano 400 Bath per l’ingresso al parco, 300 Bath al giorno per una tenda a igloo, 80 Bath per un giro di due ore in longtail a fare snorkelling, 180 Bath per una cena a menù fisso.

Note “tecniche” a parte, il posto è meraviglioso, anche perché c’è il limite di 300 turisti “residenti”, sicché una volta andati via i “giornalieri” l’isola si può godere in tutta tranquillità.

Dopo una mattinata passata in spiaggia, siamo andati a fare snorkelling nel pomeriggio: mare pulito, coralli, pesciolini, pesciolotti, pescioloni... mi sono detto “qui c’è tutta la catena alimentare, alla fine ci dovrebbe essere anche il predatore, come in ogni documentario che si rispetti, ma ti pare che ci fanno fare il bagno dove ci sono gli squali...”.

E quello, cos’è?
Oh, cristo...

D’accordo che uno cerca di razionalizzare, di pensare “se fanno fare il bagno pure ai bambini tutti i giorni vuol dire che non c’è alcun pericolo, che al limite ci sono squali che non attaccano l’uomo”, ma per uno abituato al massimo a fare il bagno con la bavosa ostiense trovarsi all’improvviso una bestia di tre metri che ti passa sotto come se nulla fosse non è una bella sensazione.

Sta di fatto che lui, un “pinna nera”, non  mi fila assolutamente, e prosegue nel suo giro silenzioso ed elegante come solo quelli della sua specie sanno fare.

Maledico la fretta nel fare i bagagli, e quindi il fatto di essermi dimenticato a casa la macchina fotografica subacquea, ma oramai c’è poco da fare: il particolare incontro rimarrà documentato solo nella mia memoria.

Cena al ristorante del parco (cibo piccantissimo, scorte di coca cola esaurite, altre bevande fredde pure), dove ci accorgiamo che sull’isola saremmo all’incirca un centinaio di persone, e poi a letto (va beh, sacco a pelo) presto, dato che qui non è che la sera ci sia molto da fare.

Khao Lak, 6 gennaio

Dopo un altro giro di snorkelling in longtail (ci hanno portato in un posto diverso da ieri pomeriggio, dove abbiamo visto – tra gli altri pesci – diversi squaletti da mezzo metro al massimo) ed un pò di sacrosanto ozio in spiaggia, è venuto il momento di ripartire.

Barca veloce per Khuraburi alle 15,30, e arrivo a Khao Lak in minibus intorno alle 18,30.

Alloggiamo di nuovo al Grand City, e ceniamo sulla strada principale in un ristorante specializzato in pesce (620 Bath in due).

Comincio ad essere un pò stanco, non credo che il rientro mi peserà più di tanto.

Bangkok, 7 gennaio

A Khao Lak ce la siamo presa comoda, visti gli orari dei voli che ci aspettavano.

Passeggiata e bagno in spiaggia, doccia e check out all’albergo, lasciando i bagagli in deposito, spesa al supermercato e pranzo fuori dallo stesso, poi di nuovo in spiaggia per un bel massaggio thai all’olio in riva al mare (ottima la location del Green View) per far idratare la pelle e mantenere l’abbronzatura.

Poi altro giro per i negozietti sulla strada (sempre le stesse cose, tutti uguali), ed infine ritiro bagagli e pullman delle 16,30 per l’aeroporto di Phuket.

L’organizzazione thailandese ci ha stupito ancora una volta: il pullman in pratica ti lascia sull’autostrada in corrispondenza dello svincolo per l’aeroporto, e subito dall’altra parte della carreggiata vieni individuato da qualcuno in motorino che attraversa e ti carica con zaino e tutto, portandoti all’aeroporto (3 km) per 50 Bath.

Il volo Air Asia per Bangkok è partito con un’ora di ritardo, ma siamo comunque giunti al nuovo aeroporto della capitale quattro ore prima della partenza del volo per Kuwait City.

Fatto il check in, abbiamo avuto occasione di andare a zonzo per il duty-free di questo splendido nuovo scalo (nulla a che vedere con il vecchio, ove stazionai sei noiose ore al ritorno della Cambogia), scoprendo alcune occasioni soprattutto nel reparto di elettronica, dove i computer della Apple sono venduti a prezzi decisamente convenienti.

È giunto il momento di imbarcarsi e di lasciare questa Thailandia un pò sputtanata dal turismo, ma che riserva ancora qualche posticino niente male.