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BLACK MOUNTAIN SIDE (Hravta/Crna Gora 2006)

© Alessandro Scarano 2006

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Split, 10 agosto 2006

Ci abbiamo messo due giorni, ma alla fine il “vero” viaggio è cominciato.

Il prologo, che ci ha visto partire da Roma in moto – Dario, Marco e me – per Bastia Umbra, con relativa visita a Perugia, e di lì per Ancona, con tappa ad Assisi, è stato un piccolo rodaggio (414 km) prima delle strade croate e montenegrine.

Quest’estate, infatti, ho scelto un viaggio che mi consentisse di andare in giro con la mia adorata Guzzi Nevada, e quindi ho deciso di visitare la neonata repubblica di Crna Gora (Montenegro), indipendente da appena due mesi; con l’occasione, ho approfittato per dare un’occhiata anche ad una parte della Croazia.

Il traghetto della Jadrolinija è partito da Ancona con un’ora di ritardo, ma è giunto puntuale – alle 6 del mattino – a Split, ove ci ha accolto un cielo plumbeo.
Dopo aver cambiato gli euro (1 € = 7 Kune) e fatto benzina, abbiamo cominciato a vagliare le proposte dei vari affittacamere che, a partire dalle 7 del mattino, cercano clienti sulle banchine del porto.

Siamo finiti da Frane (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.), simpatico robusto e capelluto giovine locale, che ci ha offerto una stanza tripla, con bagno e cucina in comune con un’altra stanza (ed un cortile ove parcheggiare le moto al sicuro) per 20 € a testa, il tutto nel centro storico.

Una prima passeggiata per le vie lastricate in pietra intorno e dentro il palazzo di Diocleziano ci ha fatto scoprire un bel centro cittadino brulicante di turisti e di bellezze (tante!) locali.

Nel mercato (prevalentemente ortofrutticolo) vicino al porto abbiamo voluto provare una specialità locale, il (o lo?) cevapcici, un panino con carne di maiale macinata e grigliata, cipolla e salsa di pomodoro leggermente piccante: una mappazza pesantissima, la cui digestione si è poi protratta per ore durante il pomeriggio, quando siamo andati a dare un’occhiata alla spiaggia di Bačvice, di poca sabbia e molta terra, piccolina, accanto alla quale vi sono diversi locali lungo una banchina di cemento.

Siamo poi passati (rombando e sgasando) dal locale concessionario della Moto Guzzi, il simpatico Joško, che parla pure italiano e ci ha fatto un’amichevole accoglienza, oltre ad indicarci un buon ristorante dove mangiare del pesce, “Il Posto”, sopra la spiaggia di Firule, dove per 155 kuna (20 euro) per uno ci siamo rifocillati fino a sazietà ed oltre (ottimo il pane cotto lì per lì nel forno a legna).

Ciò fatto, me ne sono andato a dormire, lasciando Dario e Marco alla movida locale.

Split, 11 agosto

Oggi bella giornata di sole, per cui abbiamo deciso di andarcene al mare.

Un primo giro (a piedi, visto che l’ingresso ai mezzi motorizzati è vietato) sul promontorio ove è sito il parco naturale di Marjan non ci ha soddisfatto (roccia scomoda e, soprattutto, famigliole con molti bambini), per cui siamo finiti sulla baia di Firule, stesi sul molo di cemento come tutti.

Acqua pulita e neanche fredda, docce gratis a disposizione, la consueta quantità di belle ragazze: ci si può stare...

Tornando verso “casa” ho fatto la prima – e spero ultima! – conoscenza ravvicinata con l’asfalto croato, che per la sua composizione è estremamente sdrucciolevole e richiede basse velocità e frenate graduate: nulla di grave, per fortuna (una sbucciatura al gomito e una freccia incrinata), ma nel futuro sarò più prudente.

Dopo aver girovagato a lungo a piedi nel centro, rischiando la cervicale nel girarci di continuo a guardare la fauna femminile locale, siamo finiti a mangiare al ristorante “Le Monde”, proprio davanti al nostro alloggio, gestito da un ex calciatore che ha giocato anche in Francia.
Non avrà imparato molto del calcio, considerati i recenti risultati dei transalpini (eh, eh, eh...), ma almeno ha imparato a cucinare: il posto non è economichissimo (180 kuna a testa), ma la qualità del cibo è ottima.

A proposito di francesi... capisco che il rodimento per la sconfitta nella finale mondiale sia grosso, ma anche in questo viaggio ho avuto modo di “apprezzare” l’estrema cordialità (???) dei transalpini all’estero: una coppia che alloggia in una stanza che si trova nello stesso nostro cortile è riuscita a passarci davanti, entrando e uscendo svariate volte, senza non solo salutare, ma neanche degnarci di uno sguardo.

Ovviamente, qualcuno ha ben pensato di fischiettare – al loro ennesimo passaggio – l“Seven Nation Army” dei White Stripes (oramai nota come “po-popopo-po”... boh!).

Prima o poi qualcuno dovrà spiegarmi perchè i francesi che incontro durante i miei viaggi – con esclusione di uno conosciuto a Cuba, ma viaggiava da solo per cui magari aveva voglia di fare un pò di conversazione – sono sempre così stronzi...

Considerato il fatto che domattina alle 6 dovrò andare a prendere Sharon al porto, ho rinunciato – a malincuore – a seguire Dario e Marco al festival punk in programma dalle parti di Bačvice (suoneranno, tra gli altri, i Let 3, gruppo abbastanza famoso in Croazia) e me ne sono andato a dormire.

Korčula, 12 agosto

Nonostante le raccomandazioni, Sharon è arrivata con un bagaglio (rectius: dei bagagli!) il cui trasporto sarebbe impossibile in moto, per cui alla fine a Dubrovnik ci si dovrà andare in traghetto (soluzione, nonostante io preferisca il viaggio in moto duro e puro, preferibile anche per via del brutto tempo che sembra persistere sulla Dalmazia).

Nella mattinata ho fatto da cicerone alla nuova arrivata, ripercorrendo i luoghi più interessanti di Spalato mentre gli altri miei due compagni di viaggio dormivano per riprendersi dalla seratina punk, e alle 17 abbiamo preso il traghetto della Jadrolinija per Dubrovnik, che farà sosta notturna nel porto di Korčula (cabina doppia e trasporto moto, 934 kune).

Dopo aver cenato a bordo, siamo scesi a girare per la cittadina, che si è rivelata un bel posticino, anche se un pò “da coppiette”, con il borgo storico in pietra cinto da fortificazioni, pieno di ristorantini aperti anche a tarda ora (a conti fatti, sarebbe stato molto meglio mangiare qui piuttosto che sulla nave, come abbiamo fatto), e con un’esibizione corale in corso sulla piazzetta principale.

Dubrovnik, 13 agosto

Siamo sbarcati in orario alle 11 nel porto di Dubrovnik, e subito siamo stati agganciati da una piccola folla di persone che proponevano stanze.
Scartate quelle nel centro storico, il cui accesso sarebbe stato vietato alla moto, abbiamo scelto una casa sulla collina (da Gordana&Pero, lei parla pure italiano: www.dubrovnik-online.com/room_sutic), con vista sulla città vecchia; il prezzo è di 20 € a testa, come già a Spalato, ma non abbiamo l’uso della cucina e, quindi di un utile frigorifero.

Il tempo è sempre nuvoloso, per cui ce ne siamo andati a vedere la città vecchia, che è un piccolo gioiellino in pietra con strade lastricate in marmo bianco (tutto o quasi ricostruito dopo i bombardamenti dell’ultimo conflitto tra stati dell’ex Jugoslavia), affollato di turisti.

Pranziamo alla pizzeria “Mea Culpa”, consigliata dalla Lonely Planet, che fa delle pizze gigantesche (una basterebbe per due persone) e niente male, e a prezzi più che contenuti (100 kune in due).
Nel frattempo ha cominciato a piovere, e ci siamo salvati durante il pranzo solo per i tendoni da sole (!) che riparavano i tavoli.

Sotto una leggera pioggia abbiamo fatto la passeggiata digestiva con il giro delle mura, dopodichè simao andati al porto per ottenere informazioni sui pullman per il Montenegro ed eventuali traghetti (di questi ultimi, neanche a parlarne).

Abbiamo deciso così di alleggerire – per quanto possibile – il bagaglio di Sharon, che lascerà qui nella casa di Dubrovnik parte della sua roba per poi recuperarla al suo ritorno dal Montenegro, dove invece arriverà con me sulla Guzzi (inshallah...).

Tornati nella stanza per l'eliminazione fisica del bagaglio in eccesso (da riprendere le scene dei “questo lo lasci qui!” - “no, questo no, mi serve assolutamente!”), siamo ripartiti – dopo aver ridotto il tutto da un trolley e una borsa da 40 litri alla sola borsa, che finirà nel bauletto posteriore – per la città vecchia per la cena, sotto un cielo livido solcato da lampi.

Preso posto al Dundo Maroje, altro ristorante consigliato dalla Planet, si è scatenato un nubifragio che ha ben presto allagato la piazza con 30 cm d’acqua, nella quale alla fine molti si sono divertiti a sguazzare a piedi nudi.

Ancora una volta i tendoni si sono rivelati provvidenziali, anche se non del tutto sufficienti, ed abbiamo comunque dovuto mangiare (bene) tenendo i piedi sollevati.

Finito, dopo un bel pò, il temporale, siamo riusciti ad arrivare a casa senza bagnarci troppo.

Dubrovnik, 14 agosto

Stamattina il sole, finalmente, e così – dopo una breve fermata al Biker’s Caffè e la spesa all’adiacente supermercato – siamo andati in spiaggia a Sveti Jakov, su consiglio della nostra padrona di casa.

Sveti Jakov, a sud di Dubrovnik, è una spiaggetta piccola e sassosa, che si è presto riempita di gente (molti gli italiani), dalla quale si gode la vista della città.

Per la cena abbiamo scelto il terzo ristorante consigliato dalla Planet, ovvero il Kameniće, dove abbiamo mangiato buone portate per un totale di 270 kune in due.

Budva, 15 agosto

Siamo arrivati in Montenegro, obiettivo “principale” del viaggio.

Due ore dopo la partenza da Dubrovnik, e dopo aver opportunamente preso il traghetto per Tivat (evitando, così, la lunga deviazione nel fiordo di Kotor, che visiteremo più in là), siamo giunti a Budva, che in molti hanno descritto come la “Rimini del Montenegro”.

Non abbiamo trovato ad accoglierci una folla di gente che proponeva stanze in affitto, per cui – lasciata Sharon a guardia della moto – ho iniziato a girare per agenzie turistiche: dopo due “tutto esaurito, è ferragosto”, ho finalmente trovato una bella stanza vicino al centro storico, con tanto di terrazzo e frigorifero, tre letti, per 13 euro a testa (anticipati per 4 notti).

Il proprietario non parla altro che montenegrino, ma la figlia parla un buon inglese (ul. 13 Jul, 2 - tel. 086.451475).

E già: in Montenegro, ottenuta l’indipendenza un paio di mesi fa, non si sono nemmeno curati di dover battere moneta ed hanno adottato l’euro quale valuta.

Fatta la spesa al vicino supermercato, grande e pieno di tutto, ma con la merce disposta in modo assolutamente illogico e disordinato, siamo andati a fare un giro esplorativo della città vecchia e delle piccole e affollatissime spiagge limitrofe, dove su di una sottile striscia di terra sono ammassate file di lettini di plastica.

L’acqua è pulita (mare di roccia), e fortunatamente il sole picchia a dovere.
L’ingresso alle due spiagge attrezzate di Morgen è a pagamento (1 euro a testa), ma visto il loro affollamento abbiamo preferito piazzarci gratis su di uno scoglio vicino.

Nelle due spiaggette a fianco della città vecchia l’ingresso è gratuito e ci sono anche le docce a disposizione, ma manca lo spazio vitale a causa della folla.
La sera cena al Lazo i Milan, ristorante citato sulla Planet e praticamente sotto casa, dove ho fatto un errore che finora, in tanti anni di viaggi, mi ero astenuto dal fare: ordinare all’estero un piatto di spaghetti.

Sarà stata la voglia di carboidrati che non fossero pizza o pane, fatto sta che mi sono trovato davanti al classico piatto di materiale informe bianco, sormontato da una colata di sugo ai frutti di mare.
Sarà stata la fame o la voglia di finirlo prima che si incollasse del tutto, ma l’ho divorato in pochi minuti, assumendo perfino un’aria soddisfatta di circostanza con il proprietario.
Mai più, comunque.

Curiosamente, abbiamo anche scoperto che da queste parti quando ordini gli scampi ti portano i gamberetti.

Una lunghissima passeggiata ci ha poi consentito di individuare la vicina stazione degli autobus (domattina arriverà Federica con un pullman da Bar, dopo aver preso il traghetto a Bari), di girovagare tra le centinaia di bancarelle, stand gastronomici, giostre e ristoranti sul lungomare a nord della città vecchia, tra una folla consistente di persone impegnate nello struscio ferragostano, e anche la città vecchia brulica di persone che sciamano nei i vicoli tra le case in pietra.

Budva, 16 agosto

È arrivata Federica, che sono andato a prendere con la moto alla stazione dei pullman.

Fatta la spesa, ho portato una per volta le ragazze alla spiaggia di Jaz (le macchine pagano 2 euro di parcheggio, le moto niente), dopo un infruttuoso tentativo alla baia di Trestno, molto bellina ma affollata all’inverosimile, nonché al termine di una strada a volte sterrata, con conseguenti difficoltà per la Guzzi, difficile da controllare in discesa quando si ha un passeggero a bordo.

“Jaz 1” è affollatissima, con lettini ed ombrelloni in più file sulla ghiaia, mentre “Jaz 2”, a sinistra guardando il mare, è frequentata da sempre meno persone, fino ad arrivare ad un localino posto su di un piccolo molo in pietra, che consente l’uso giornaliero di lettini ed ombrelloni purchè si effettui un’ordinazione.

Il posto è un’oasi di pace, se comparata al casino delle altre spiagge viste finora, il sole vi batte per l’intera giornata, l’acqua è pulita, c’è una doccia non lontana (gratis), le consumazioni sono a prezzi accettabili (2 euro per una spremuta d’arancia), e la cameriera Yelena è pure la più simpatica tra i gestori dei locali e negozi finora conosciuti (forse perchè non è montenegrina ma serba, come abbiamo poi saputo).

La sera abbiamo girovagato per cercare un ristorante dai prezzi non “italiani” e caratteristico del luogo, e siamo finiti al ristorante Oranz, che si trova vicino al primo semaforo di Budva venendo da nord, sulla strada che porta al centro storico, prima della posta, e ce è frequentato principalmente da gente del posto o da turisti serbi.

Abbiamo mangiato bene con porzioni abbondanti, spendendo 25 euro in tre.

Budva, 17 agosto

Oggi sono arrivati da Dubrovnik anche Dario e Marco, per cui il gruppo è al completo, e siamo andati a vedere Sveti Stefan, che si è rivelata una mezza sòla.

Si trova a 10 km a sud di Budva, ed in moto ci si mette circa un quarto d’ora; si pagano 5 euro di parcheggio (le macchine 10!), la spiaggia è abbastanza affollata, l’acqua è tutt’altro che spettacolare, e l’isoletta con il borgo, molto carina, è un albergo, che fa pagare 7 euro solo per entrare a dare un’occhiata.
Ciò nonostante, abbiamo trascorso allegramente la giornata in spiaggia (lettini a 2 euro).

Per cena siamo tornati all’Oranz, dove ancora una volta abbiamo mangiato bene, tanto, e a prezzo contenuto (10 euro per uno).

Budva, 18 agosto

Ritornati alla spiaggia di Jaz, siamo stati in panciolle sulle sdraio del bar di Yelena, aternando nuotate e sonnellini.

Ho preferito non cenare; sono un pò di malumore perchè Budva, essendo la Rimini locale, rappresenta uno dei miei incubi peggiori per quanto riguarda la vita notturna, con una folla di gente che sciama sul lungomare riservato ai pedoni tra bancarelle e stand, in quella che ho definito la “sagra della sciampista”.

A differenza di Spalato, infatti, le ragazze locali (o serbe in vacanza, chi lo sa) non solo sono meno belle, ma hanno anche uno stile volgarotto (in Italia sarebbe da periferia degradata o da provincia profonda); colpisce, ad ogni modo, la lunghezza chilometrica delle gambe delle fanciulle, tutte sopra il metro e ottanta.

Non vedo l’ora di cambiare aria, in quanto queste serate passate a fare lo struscio mi annoiano da morire.

Budva, 19 agosto

Oggi gita a Kotor, la cui parte vecchia è molto carina, e si trova in fondo al fiordo noto come “Bocche di Cattaro”, il più meridionale d’Europa.

Sono pure salito in cima alle fortificazioni che dominano il fiordo, arrancando sotto il sole cocente sui 1.500 gradini più o meno restaurati che conducono sulla sommità.

Salita solitaria, perché salvo Sharon – la quale si è però fermata a metà strada – tutti gli altri hanno preferito andare a mangiare ed evitare la faticaccia.
Ne è valsa la pena, però, perché la vista da lassù è molto bella e ripaga abbondantemente la sudata.

Negativo, invece, il giudizio sul bar fuori della porta sulle mura di fronte al porto, dove per le varie consumazioni prima dichiara un prezzo e poi ne fa pagare un altro, ovviamente superiore.

Visti i 40 gradi, ce ne siamo tornati verso Budva, fermandoci tanto per cambiare alla spiaggia di Jaz, oramai eletta nostro luogo di riposo preferito.

Per la cena, spinti dal favorevole commento di uno dei diari di viaggio che ho scaricato da internet prima di partire, abbiamo scelto il ristorante Sebelj, due chilometri oltre Jaz per chi viene da Budva, sulla sinistra della strada.
Questo si è rivelato un ottimo posto, con portate abbondanti, buone e raffinate (per quanto possa sembrare strana come ricetta, ho gustato dei favolosi calamari con ripieno di prosciutto e formaggio), a prezzi più che accessibili (abbiamo speso, uscendo assolutamente satolli, 15 euro per uno) considerata la media dei prezzi locali, che a volte poco si discostano da quelli italiani.

Domani, finalmente, si cambia aria: si va a Zabljak, nell’interno, con la speranza di poter fare rafting nella gola del Tara o, comunque, di mutare paesaggio e clima.

Zabljak, 20 agosto

Ci sono arrivato, ma non è stata una passeggiata.
Ho visto bei paesaggi, che dalla costa sono diventati sempre più montagnosi, fino ad arrivare ad un punto nel quale ci si aspettava di veder spuntare Heidi e suo nonno.

Ho percorso i 210 km della strada che passa da Nikšić in 4 ore, con i tornanti che da ampi e ben asfaltati sono diventati sempre più stretti e con un fondo che alla fine lasciava un pò a desiderare.

Sono stato pure fermato dalla stradale per un divieto di sorpasso, in quanto mi ero accodato ad una Golf targata Nikšić dimenticandomi che i possessori di Golf sono dei coatti alla guida in ogni parte del mondo: sicchè, quando l’ho seguita in un sorpasso, la pattuglia appostata strategicamente ha tirato fuori la paletta e ha fatto cenno di accostare ad entrambi.

Solo che io, dopo essere stato un pò catechizzato, sono stato lasciato andare, mentre l’altro tipo (tra l’altro sceso con le infradito ai piedi) ha dovuto vedersela con la pattuglia; meno male, mi era stato detto che la stradale montenegrina era inflessibile...

La strada è peggiorata dopo Nikšić e la stanchezza ha cominciato a farsi sentire, ma ogni volta dicevo a me stesso “ricordati di Bettinelli e dei suoi giri del mondo con il vespone: vuoi essere da meno tu con una Guzzi?”.

Alla fine, ho visto il cartello “Zabljak 4 km” (fino ad allora nessun cenno alla distanza dalla meta nelle varie segnalazioni), e dopo poco mi sono fermato dinanzi alla stazione degli autobus.

Ho subito notato la differenza dei prezzi con la costa: una Schwepps al limone da mezzo litro mi è costata 65 centesimi, contro l’euro e mezzo di Budva.
Anche la stanza, presa nell’agenzia davanti la fermata degli autobus, è economica: 8,60 euro a testa (tripla con bagni in comune).

Sono crollato sul letto come Inzaghi in area di rigore, in attesa dell’arrivo di Federica e Sharon che hanno preso l’autobus o, meglio, un pullmino che ha fatto soffrire loro con tutte le curve e le buche.

Cena al ristorante Durmitor, 25 euro in tre, e a letto stremati: domani rafting!

Zabljak, 21 agosto

Cominciamo male: mi alzo con un mal di stomaco feroce, e Sharon dice di aver vomitato durante la notte.
Fatti i conti, è stata la trota alla griglia, scelta appunto “perché se è marcia dal sapore te ne accorgi subito”.

Ma mentre Sharon, che ha vomitato, sta meglio, io mi sento una chiavica, e con pochissima voglia salgo sulla Golf del tipo che ci porta al ristorante accanto al ponte che passa sulla gola del Tara e porta a Belgrado: durante il tragitto in macchina, causa le numerose curve, ho dovuto chiedere di fermarci, in preda a conati di vomito ma senza riuscire ad emettere alcunché.

Il programma prevede, per 60 euro a testa, colazione, rafting e pranzo: io, al posto della colazione, ho preso un bibitone contro il mal di stomaco fornito dall’organizzazione, che però non ha funzionato più di tanto.

Veniamo portati con dei pulmini a qualche chilometro a monte del ristorante, scendiamo sulla riva del fiume, e montiamo su di un gommone con una simpatica coppia di Palermo, Ivan e Marianna, e tre russi la cui incapacità ai remi ci farà infradiciare non poco, nonostante l’estrema facilità dei 15 km di percorso.

Per il momento l’attività placa i dolori di stomaco, ma l’intossicazione da cibo fa nuovamente sentire i suoi effetti all’ora di pranzo, che salto a piè pari nonostante le coccole di Gordana, simpatica guida poliglotta che ha studiato italiano a Roma e che lavora presso il ristorante.

Rientrati in stanza, optiamo per una passeggiata verso i due bei laghetti glaciali di Crna Jezeera (ingresso 1 euro).

Non mi sento benissimo e rientro ben presto da solo, per sprofondare a letto con la febbre: stasera si salta la cena.

Petrovac, 22 agosto

Per fortuna, stamattina il mal di stomaco è cessato.
C’è solo una grande stanchezza, dovuta anche al fatto che i nostri vicini di camera hanno fatto casino fino alle 4 del mattino, allorché Sharon si è alzata e gli ha ringhiato contro.

Sharon e Federica sono partite per Budva con il pullmino delle 7,15, mentre io mi sono mosso alle 9, stavolta cambiando strada e prendendo quella che passa per la gola del Tara e, successivamente, per Podgorica.

Dopo un doveroso caffè al ristorante di ieri (e, quindi, un altrettanto doverosa visita a Gordana), ho iniziato a divertirmi sempre più per la strada ben asfaltata che costeggia la gola, finendo per mettermi a piegare sulle curve perfettamente dolci che si succedevano in continuazione.

I 14 gradi di Zabljak alla partenza sono diventati 28 tre ore dopo, a Podgorica, capitale del Montenegro per nulla attraente.

Solo da questo punto è iniziato un pò di traffico, ma solo in uscita dalla città: prima, il pressoché totale deserto.

Subito dopo Podgorica ho potuto vedere il lago Skander, molto bello, e proseguire in direzione Petrovac evitando il comodo (?) tunnel diretto per Bar e scegliendo – ovviamente – il percorso più impervio, pieno di curve, ma che consente di avere un panorama della costa dall’alto della montagna.

A Petrovac mi hanno raggiunto, con il pullman da Budva, anche le ragazze, e abbiamo trovato alloggio da Sasha, che ha otto camere a 70 metri dalla stazione degli autobus.

Bella stanza, un terrazzo vista mare, 60 euro per due notti in tutto.

Per il mare abbiamo scelto oggi Buliarjca che è affollata, come tutte, salvo camminare parecchio verso sinistra, e comunque non sembra eccezionale.

Cena a Petrovac: un’improvvisa voglia di pizza ci ha fatto scegliere la pizzeria Lazaret, dove ci sono state servite i consueti pesantissimi surrogati di pizza che solitamente cucinano fuori dall’Italia.

Petrovac, 23 agosto

Oggi Sharon inizia il lungo viaggio di ritorno verso Udine, e la devo accompagnare a Budva per prendere il pullman per Dubrovnik.

Nell’attesa, ce ne andiamo sulla spiaggia al centro di Petrovac (sdraio e ombrellone 2 euro l’uno), ovviamente piena di gente ma almeno con le docce gratis ed il mare pulito.

La strada litoranea verso Budva mostra bei panorami delle baie, ma l’asfalto a volte ha qualche irregolarità, per cui meglio guardare dove si mettono le ruote.

Tornato a Petrovac, ho raggiunto Federica per l’ozio sulla spiaggia.

Cena in uno dei tanti ristorantini sul lungomare, contraddistinto da tovaglie a quadretti bianchi e verdi; a 15 euro l’uno abbiamo mangiato bene ed abbondantemente, anche se il cibo era un pò troppo saporito per i miei gusti.

Kotor, 24 agosto

Ultimo giorno di viaggio: siamo partiti dall’Italia tutti – tranne Sharon – senza aver prenotato il traghetto per il ritorno pensando di poter trovare facilmente posto, e invece ci siamo dovuti arrangiare con quel che c’era, visto che le navi per l’Italia risultavano quasi tutte piene fino al 7 settembre.

Dario e Marco sono partiti da bar quando noi siamo andati a Zabljak, Sharon è andata via ieri, e io e Federica abbiamo trovato posto solo per stasera, da Kotor a Bari.

Oggi è pure il 30° compleanno di Federica, e trascorriamo la giornata sulla spiaggia di Lučice, bellina ma – neanche a dirlo – piena di gente.

Nel pomeriggio siamo tornati all’alloggio, lasciato alle 8 del mattino (che razza di orario per il check out, ma i nuovi ospiti già alle 6,30 chiacchieravano nel giardino, deliziandoci con volute di fumo delle fetentissime sigarette locali da 0,50 euro a pacchetto), abbiamo recuperato i bagagli lasciati nel sottoscala, zavorrato la povera Guzzi (che, devo dire, finora si è comportata egregiamente), e siamo ripartiti verso Kotor, da dove prenderemo il traghetto per Bari.

A Kotor siamo arrivati dopo un’ora di viaggio tranquillo, abbiamo fatto il check in per il traghetto della Azzurra Line (nonché pagata la tassa d’imbarco di 6 euro l’uno, più altri 6 per la moto), e ce ne siamo andati a mangiare una (buona) pizza nella piazzetta della chiesa di S. Trifone.

È finita, anche questa è fatta, e ci aspetta “solo” una tirata in moto da Bari a Roma domattina.

*** *** ***

È stato un viaggio un pò sbrigativo, ma stavolta ho dovuto tenere conto delle diverse esigenze – soprattutto in termini di giorni a disposizione – di chi ha condiviso volta per volta i chilometri percorsi.

Mi sarebbe piaciuto dare un’occhiata più approfondita alla Croazia, e mi è seccato parecchio dover rinunciare a fare in moto il percorso Split-Dubrovnik, ma pazienza.

In fin dei conti, l’obiettivo principale era il Montenegro, e lì credo di aver visto i posti migliori (o, almeno, la gran parte di essi).

Stavolta la Lonely Planet è servita a poco o a nulla, quando addirittura non è stata controproducente: l’edizione “Balcani Occidentali” ha preso tanti di quegli sfondoni da meritare un’ampia censura.

Contrariamente alle descrizioni della suddetta guida, Split è una città gradevolissima, con un centro storico notevole ed un’adeguata vita notturna.
Korčula è da coppiette o da ragazzetti, mentre Dubrovnik è apprezzabile solo per il centro storico, comunque molto turistico e visitabile in mezza giornata.
In Croazia non ho avuto modo, per questione di tempo, di vedere belle spiagge: l’acqua era pulita, ma a Split ero su di un molo di cemento e a Dubrovnik c’era molta gente.

Molto affollate anche le spiagge montenegrine (soprattutto di serbi, che dopo la guerra non possono – ovviamente – mettere più piede in Croazia) anche se a Jaz, camminando un pò, ci si è sottratti al casino dei lettini posti a mò di batterie di polli di allevamento.

Del Montenegro mi è piaciuta tantissimo Kotor, bella, tranquilla, e non invasa da turisti (forse perchè non c’erano nelle vicinanze spiagge rinomate), e mi sono divertito un mondo a guidare la Guzzi su e giù per le strade di montagna verso e dal Durmitor.
La maggior parte dei turisti in Montenegro venivano dalla Serbia: pochi gli italiani, per lo più pugliesi.

I negozianti montenegrini erano tutt’altro che sorridenti ed amichevoli, e svolgevano la loro funzione neanche fossero stati degli impiegati pubblici (retaggio del regime comunista?), mentre i padroni di casa si sono dimostrati più socievoli.

Le strade non sono male – per chi è abituato a guidare a Roma sono pure perfette! – e il traffico c’è solo un pò sulle litoranee (ma con la moto è sempre superabile); tra croati e montenegrini non è molto diffuso l’uso della freccia, ma anche per questo particolare la guida per le strade di Roma conferisce una sorta di “sesto senso” che fa prevedere con un certo anticipo le mosse altrui: in ogni caso, i peggiori guidatori si sono rivelati quelli targati Herceg Novi, seguiti dai turisti di Belgrado.

I motociclisti prestino comunque molta attenzione allo sdrucciolevole asfalto di Split!