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SOTTO SCORTA (Egypt 2005)

© Alessandro Scarano 2005

Egypt

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Il Cairo, 13 agosto 2005

Sì, lo so, tutte le volte dico “mai più”, ma anche questa estate, piuttosto che viaggiare da solo, ho scelto di aggregarmi ad un gruppo di “avventure nel mondo”, cosa che finora si è sempre rivelata foriera di momenti stressanti, ma a volte (anche se raramente) piacevoli.
Alla fine, però, è l’unico compromesso possibile tra il passare dei periodi di noia solitaria ed il viaggiare sempre da solo, ma inserito in un gruppo turistico vero e proprio.
L’Egitto era un importante tassello che mancava alla mia “collezione” di Paesi visitati, e l’entità del suo patrimonio archeologico mi ha spinto a venire qui nonostante agosto non sia certamente il periodo ideale, e nonostante le recentissime bombe contro i turisti a Sharm El-Sheik.
Saremo in sedici, cinque uomini ed undici donne.
Sono partito da Fiumicino con un gruppo di sette persone, che vivono tutte a Roma: l’atmosfera è stata tranquilla e scherzosa fino all’aeroporto del Cairo, dove abbiamo dovuto attendere gli altri nove che provenivano da Milano (piemontesi, lombardi, friulani).
All’aeroporto ci attendeva il corrispondente di “avventure”, che ha provveduto a fornirci i bolli per il visto egiziano (il quale fa una ben magra figura sul mio passaporto, onorato di visti di ben maggiore resa grafica ed estetica).
Chi dovesse arrivare non al seguito di un viaggio organizzato può acquistare i suddetti bolli al banco del cambiavalute.
Giunti finalmente i “milanesi”, siamo andati con un pulmino – percorrendo strade caratterizzate da traffico intenso ma spesso scorrevole – all’albergo Pharaos (12, Lofti Hassouna Street, nella zona di Dokki, tel. 7610871/2/3, Fax 7610874), sulla riva occidentale del Nilo, con vista sul fiume.
L’albergo non è citato nella pure recente edizione della Lonely Planet, ma le stanze appaiono pulite e ristrutturate di recente.
Divido la stanza con Franco, di Arcore, l’unico altro maschio single del gruppo.
Vista l’ora tarda (si era oramai fatta mezzanotte), abbiamo cenato al ristorante dell’albergo: il piatto principale è consistito in un insieme di spaghetti (!) scottissimi, con sopra un po’ di sugo di pomodoro e formaggio, un pezzo di pollo arrosto, due polpette di carne e cipolla.
Neanche a dirlo, gli spaghetti di tutti sono rimasti nei piatti.
L’aria condizionata della stanza, mi annosa nemica durante i viaggi per il mondo, non è di quelle che congelano l’ambiente per cui, considerata l’impossibilità di tenere la finestra aperta per via del caldo, dell’inquinamento e dei clacson, dormiremo tenendola accesa.

Il Cairo, 14 agosto

Avevo già capito alla partenza che avrei dovuto rassegnarmi, stavolta, a fare il turista.
Questo, purtroppo, sarà un viaggio “blindato”: per motivi di sicurezza (le bombe di Sharm risalgono a neanche un mese fa, e pare che ci sia stato l’85% di disdette per i viaggi in Egitto previsti in questo periodo) il percorso è stato prefissato e tutti gli alberghi già prenotati: non ci sarà modo, per alcun motivo di variare il programma concordato con la polizia turistica.
Stamattina, dopo colazione, ho persino dovuto subire l’onta del tour del Museo Archeologico con tanto di guida locale parlante italiano.
Solo bastate due sale per farmi decidere di andare più avanti da solo e godermi in santa pace (si fa per dire: è domenica, e il museo è discretamente affollato) i reperti esposti.
All’interno, con esclusione di poche sale, non c’è l’aria condizionata, e si suda non poco.
Disagio e stanchezza spariscono, però tutto d’un tratto, innanzi al favoloso tesoro della tomba di Tutankhamen: dopo averlo visto sui libri ed in televisione, aver studiato le fasi della scoperta, ed aver atteso finora per vederlo, sono entrato ed uscito più volte dalla sala principale, che contiene i sarcofagi in oro ed in legno, i numerosi gioielli e – naturalmente – la strepitosa maschera funebre in oro e lapislazzuli.
Poche cose finora mi hanno provocato una tale emozione: sicuramente la maschera d’oro di Agamennone al Museo Archeologico di Atene, la stele di Hammurabi al Louvre, ed il Bayon ad Angkor (nonché tutta Roma, ogni volta che esco a passeggio per il centro storico!).
Finita la visita al museo, il gruppo si è suddiviso, e sono capitato con una delle sue parti sotto la cittadella del Saladino, a visitare la moschea del sultano Hassan (carina, ma niente di eccezionale), dopodiché siamo saliti a piedi, sotto il solleone, fino all’ingresso della cittadella, dove abbiamo potuto vedere di fretta (la cittadella pare chiuda alle 16,30, contrariamente a quanto sostenuto nella Lonely Planet) la moschea di Mohamed Ali e scorgere di lontano le piramidi, che si ergono maestose fuori della città, e che visiteremo domani.
Ritorno in taxi in albergo (15 sterline), doccia doverosa e dormita fino all’ora di cena.
Passeggiata fino al Felfela Restaurant, buono ma non economicissimo (almeno per il posto: 9 euro a persona!).

Minya, 15 agosto

Forse ferragosto non è la giornata ideale per una gita alle piramidi, considerato il caldo che fa, ma oggi il programma prevede proprio questo (oltre a molto altro), e quindi ci tocca.
Partenza dall’albergo alle 7, perché vengono venduto solo 150 biglietti ogni mattina per l’ingresso all’interno delle piramidi, e quindi bisogna essere ben presto in fila.
Ovviamente, una volta in fila, viene annunciato che manca la corrente elettrica, e che la vendita dei biglietti avrà inizio appena risolto il problema, inshallah.
Fatto un giro per le foto, durante il quale diamo un’occhiata anche alla Sfinge, torniamo al botteghino che la vendita era già cominciata, e ci rimangono gli ultimi 10 biglietti d’ingresso alla piramide di Cheope: peccato che siamo in 16!
Fatta la conta, riesco ad ottenere un biglietto, ed entro nel ventre di questo colosso innalzato non si sa come nel 2570 avanti cristo.
Un lungo corridoio, stretto ma dalle alte pareti, composte da lastroni di pietra granitica perfettamente allineati, sale con una forte pendenza fino ad un basso cunicolo che porta in uno stanzone, all’interno del quale vi è un piccolo sarcofago squadrato di pietra; non vi è alcuna iscrizione e, se non ricordo male, non è la vera camera mortuaria, che invece si raggiunge attraverso un percorso assai disagevole e che non è aperto al pubblico.
L’afa all’interno è opprimente, e si suda abbondantemente.
Un ulteriore corridoio, che scende per poi risalire, è chiuso da un cancelletto.
Usciti dalla piramide, siamo poi andati a vedere la piramide a gradoni di Saqqara, primo monumento in pietra del mondo secondo la Planet, datato 2650 avanti cristo, e le Tombe di Mereruka e Ankhmahor, destinate a nobili dell’epoca e coperte di affreschi non eccezionali.
Siamo poi passati alla Mastaba di Al-Faraun, complesso funerario di numerose stanze, e alla piramide di Pepi II, che da fuori appare come una collinetta, ma che un lungo passaggio permette di penetrare verso il basso, ove si trovano un paio di stanze ornate da testi geroglifici scolpiti nella roccia.
Questi ultimi due luoghi li ho visti da solo, dato che ho lasciato il gruppo nel primo complesso tombale a sentire le spiegazioni di uno dei guardiani: finalmente un po’ di silenzio e di spazio intorno a me.
Devo ammettere che finora l’atmosfera è abbastanza divertente, e ad essa contribuisce la presenza massiccia di romani.
Passati per Menfi, ove c’è pochissimo da vedere oltre all’abbozzo di un bel colosso granitico che giace supino all’interno di un piccolo museo e ad una sfinge di alabastro, siamo arrivati sotto scorta a Minya (la situazione locale pare non essere molto tranquilla dal punto di vista della sicurezza personale, e d’ora in poi avremo la presenza di un agente armato a bordo del pulmino e – spesso – di altri mezzi di militari con kalashnikov avanti e dietro di noi).
Minya è una tappa di mero transito (pare che non vi sia alcunché di notevole da vedere), dove non potremo neppure allontanarci dall’albergo.
Alloggiamo al Touristic Lotus Hotel, le cui stanze sono abbastanza spaziose, con letti ampi e dotate di frigobar (fondamentale per far ghiacciare le bottiglie d’acqua da utilizzare il giorno seguente, avvolte in carta di giornale per isolarle termicamente: un “mio brevetto” che mi consente solitamente di avere acqua gelata tutto il giorno, nonostante il gran caldo).
La cena, al ristorante dell’albergo, è stata ottima e varia: alla fine ci hanno servito perfino il cocomero, e così abbiamo lasciato in frigo le quattro grosse angurie che avevamo comprato su mio input lungo la strada, per festeggiare “romanamente” il ferragosto.
Non ci è sembrato il caso di provare a fare gavettoni di sorta…

Asyut, 16 agosto

Da Minya ci siamo diretti, passato il Nilo su di un ponte, verso Beni Hasan, dove abbiamo potuto ammirare delle tombe rupestri di alcuni governatori locali del 1800 – 2100 circa avanti cristo.
Le tre tombe che abbiamo visto sono meravigliosamente decorate con pitture rievocanti scene di vita quotidiana e – sorprendentemente – molte posizioni di lotta, quasi un manuale ante litteram di arti marziali: peccato che non fosse permesso scattare foto all’interno!
Anche oggi abbiamo la scorta armata a bordo e fuori.
Rientrati sulla sponda occidentale del Nilo, lo abbiamo riattraversato – stavolta su di un piccolo traghetto – per recarci alla necropoli di Tell Al-Amarna, dove abbiamo visto altre tombe rupestri non eccezionali.
L’ingresso ad Asyut è avvenuto addirittura a sirene spiegate per farci strada nel traffico cittadino.
Ci siamo vergognati non poco, non essendo avvezzi a fruire di certe “facilitazioni”: peraltro, in giro non si avverte alcuna tensione, anche se il passare con i finestrini chiusi e il non potersene andare in giro per la città – così come è successo ieri a Minya – non offre l’occasione di avere contatti concreti con la popolazione.
Tra l’altro, siamo gli unici turisti presenti da queste parti, dato che la maggior parte fa la classica crociera sul lago Nasser (e, quindi, perde molte delle cose che abbiamo visto ed andremo a vedere noi che seguiamo il Nilo via terra).
L’albergo, il Casablanca, non è segnato sulla Lonely Planet d è una mezza topaia, probabilmente riaperto proprio per il nostro arrivo.
Considerato che siamo giunti in città alle 16,30 e che non siamo potuti assolutamente uscire dall’albergo, siamo rimasti reclusi nelle nostre non troppo confortevoli stanze fino all’ora di cena, prevista per le 20,30. Che palle!
La cena, al ristorante dell’albergo, neanche a dirlo è stata alquanto deludente.
Grazie al sorriso angelico e agli occhi dolci di una delle nostre compagne di viaggio, la scorta ha al fine acconsentito a farci fare un brevissimo giro fuori dell’albergo: la cosa è stata molto imbarazzante perché, in pratica, ci è stato concesso di fare il giro dell’isolato, completamente circondati da poliziotti in divisa ed in borghese, tra la naturale curiosità della folla impegnata nello struscio e nello shopping serale.
Alle 22,30 la vita ferve ancora ad Asyut, e siamo riusciti a vedere qualche negozio ed un piccolo centro commerciale.
Devo ammettere che questa storia del pulmino preceduto da una macchina della polizia a sirene spiegate e seguito da un mezzo della polizia turistica con agenti armati di kalashnikov, del poliziotto a bordo dal Cairo fino a Luxor (che, poveraccio, suda nel suo completo di giacca e cravatta sotto il quale cela una mitraglietta Heckler&Koch MP5 da 9 mm), mi rendono quasi irreale questo viaggio, durante il quale i contatti con la popolazione locale sono finora limitati a due chiacchiere con gli agenti di scorta o con quelli (numerosissimi!) di guardia alle rovine archeologiche.
Per fortuna, il gruppo stavolta (almeno finora) sembra ben assortito, e ci si sganascia spesso dalle risate.
Dopo il giretto per Asyut, durato ben mezz’ora, abbiamo organizzato nella nostra stanza un cocomero party, che ha visto partecipare i 16 del gruppo, l’autista ed il poliziotto di scorta: sarei curioso di rivedere lo stato della moquette della stanza 308 tra una decina d’anni…

Luxor, 17 agosto

Dopo una breve visita al Monastero Bianco ed al Monastero Rosso, entrambi copti e dei quali rimane ben poco, situati a Sohag, siamo passati a vedere il tempio di Sethi I ad Abydos, decisamente degno di visita e, successivamente, il bel tempio di Hator a Dendara.
Entrambi questi templi sono quasi intatti (tetto compreso), e rendono bene la grandezza che potevano avere all’epoca della loro costruzione e del loro utilizzo.
Alla fine, siamo arrivati a Luxor, dove l’Hotel Gaddis ci ha accolto con le sue belle stanze e la sua piccola ma tanto agognata – ed immediatamente sfruttata – piscina.
L’albergo non è citato nella Lonely Planet, ma lo meriterebbe, e si trova in Khaled Ibn El-Walid Street, nella parte sud della città.
Abbiamo cenato al ristorante El-Hussein, a Hilton Street, dove finalmente ho potuto mangiare del pesce, dopo tutta la carne che ci hanno dato finora.
Il cibo non era male, ma le bevande abbastanza care: 15 sterline per una birra e 5 per il resto (pure per l’acqua).
In serata, passeggiata sul “lungonilo” fino alla zona del tempio di Luxor.

Luxor, 18 agosto

In mattinata, Karnak: niente di eccezionale, almeno considerati i templi che abbiamo visto nei giorni passati.
Gran caldo, sicché abbiamo vagato in cerca dei pochi posti ove sedere all’ombra.
Dopo Karnak, vista la temperatura, ci siamo buttati in piscina nelle prime ore del pomeriggio, contendendoci i pochi metri cubi di acqua con uno sparuto gruppetto di lingua tedesca.
Fatta una doverosa pennica, ci siamo recati al tempio di Luxor, e qui hanno fatto la loro comparsa, puntuali come una cambiale in scadenza, i sintomi dell’influenza che solitamente mi affligge durante i miei viaggi, allorché il mezzo di trasporto è provvisto di aria condizionata.
Europa, Africa od Asia, prima o poi devo subire raffreddore, mal di gola e febbre; la cosa è alquanto seccante, anche in considerazione del caldo che fa e della conseguente poca voglia di coprirsi per non aggravare la situazione.
Per l’intanto, ho dovuto saltare il museo di Luxor, dotato di pezzi numerosi e notevoli, ma anche di feroce condizionamento d’aria, e ho atteso gli altri facendo una passeggiata sulla corniche.
Cena al Soltana, in Television Street, poco invitante come aspetto ma le cui bram (una sorta di tajine) sono ottime, soprattutto quella al pesce.
Uno zerinol, e di corsa a letto: domani giornata campale alle Valli dei Re e delle Regine.

Luxor, 19 agosto

Mi sono alzato già fiacco e con la febbre, e siamo partiti poco dopo le sei per cercare di evitare il più possibile le ore calde.
Già all’inizio ho dato segni di cedimento fisico: raffreddato e febbricitante, sotto un sole implacabile già dalle primissime ore del mattino, sono riuscito – nonostante ciò, ma con grandissima fatica – a vedere qualche tomba, per poi rinunciare a qualche visita rimanendo a dormire sul pulmino.
Solo dopo aver rimediato tre lime, che mi sono spremuto direttamente in bocca, ed una lattina di tè al limone, mi sono ripreso un poco quel che bastava per scendere dal mezzo all’una passata e vedere la tomba di Sethi I (almeno credo, visto che ero stranito un bel po’).
Purtroppo (o meno male, visto che altrimenti le decorazioni policrome durerebbero poco) non si possono scattare foto all’interno delle tombe scavate nella roccia, ma in ogni caso molte sono simili tra loro, e dopo un po’ subentra la noia.
Tornati in albergo, ho deciso di starmene in stanza fino all’ora di cena, mentre qualcuno se ne andava a spasso, o al museo della mummificazione o, più semplicemente, in piscina.
Però sono uscito riposato e, salvo un po’ di raffreddore latente, in condizioni sicuramente migliori di quelle della mattinata.
Cena al ristorante Abou El-Hassan El-Shazly, a Abd El-Moncam El-Edisy Street: la più economica finora (qualcosa come 50 euro in 17, autista compreso), e non malaccio anche se un tantino unta.
Una piccola passeggiata in ottima compagnia per vedere qualche bottega, e l’acquisto di un sacchetto di peperoncino locale hanno chiuso la serata.

Assuan, 20 agosto

Partiti di buon’ora, sempre sotto scorta ci siamo avviati in direzione Assuan.
Lungo la via abbiamo visto i templi di Edfu prima e di Kom Ombo poi; niente di eccezionale, a mio avviso, e a dire il vero sono sempre più annoiato da un’apparente uniformità degli stili di questi siti archeologici.
Sta di fatto che alla fine l’interesse dei più era rivolto alla piscina che ci attendeva nell’Hotel Sara di Assuan.
Questo albergo non sarebbe male, se non fosse situato molto al di fuori del centro cittadino, raggiungibile quindi solo con il nostro pulmino; inoltre, è dipinto di un colore rosa confetto, ed ha le stanze con grossi interstizi tra le porte e le loro cornici, cosa che permette il passaggio di aria calda e di zanzare.
Però ha una bella vista su una delle cateratte del Nilo ed una piscina la cui grandezza è ben superiore alla tinozza che avevamo a Luxor.
Dopo il bagno di rito, giro rilassante in feluca fino al giardino botanico della Kitchener’s Island e al villaggio nubiano sull’isola Elefantina.
Entrambe tali visite sono state noisette, e il caldo umido ha fatto sudare non poco.
Giro per il bazar, immancabile, dove ho potuto constatare la terribile propensione all’acquisto delle donne del gruppo., e cena al ristorante Al-Masry, pressoché pessimo per prezzo e qualità del cibo.
A letto prestissimo, in quanto la sveglia è prevista per le 2,30: domani (stanotte) si va in pullman fino ad Abu Simbel.

Assuan, 21 agosto

Poche ore di sonno, agitato dal caldo che filtra (con le zanzare) tra porte e finestre e rispettive cornici, e ci rechiamo al consueto punto di raccolta dei mezzi che comporranno la carovana scortata per Abu Simbel, in partenza per le 3,30 circa.
Per fortuna riesco a dormire per buona parte del viaggio, e vengo svegliato dal rimbalzo delle sospensioni  su di uno speedbreaker ad un posto di controllo, giusto in tempo per godermi l’alba nel deserto nubiano.
Arriviamo tra i primi davanti al tempio, originariamente fatto erigere da Ramses II 200 metri più in basso, e poi tagliato a pezzi e spostato su di una collina artificiale quando venne creato il lago Nasser con la costruzione della diga.
Devo ammettere che il tempio è spettacolare, sia fuori che dentro, ove purtroppo non si possono (potrebbero) scattare foto.
Visto il tempio subito ed in santa pace, ho provato ad ascoltare le spiegazioni della guida che ci hanno dato (obbligatoria?) ma, visto che non diceva alcunché di nuovo per me, sono passato oltre a vedere il tempio più piccolo.
Peccato che dalla recinzione che da sul lago Nasser si veda tutta la spazzatura che qualcuno ha gettato giù: non si capisce se siano stati direttamente i turisti o gli inservienti del sito archeologico, che potrebbero avervi svuotato i pochi cestini per rifiuti.
Ripartiti attraverso il deserto nubiano, siamo tornati verso Assuan con una tappa per vedere la grande diga.
Giunto in albergo, contrariamente al resto del gruppo che si è barricato in camera a dormire con l’aria condizionata, mi sono piazzato in zona piscina fino all’ora di cena, alternando vasche e sole per recuperare forma fisica ed abbronzatura.
Cena all’Assuan Moon, un barcone in riva al Nilo dove ho azzardato l’ordinazione di una “pizza margherita”, rivelatasi una focaccia al formaggio e peperoni.
Alzatisi da tavola, ci siamo uniti ad un gruppo di giovani turisti che provenivano da una cena al villaggio nubiano e che erano accompagnati da un piccolo ensemble di giovani locali che si esibivano con percussioni e voci: canti, danze, e sheesha a volontà.
Un altro cocomero party, dopo quello di Asyut, ha completato la serata, durante la quale sono stato letteralmente massacrato dalle zanzare, evidentemente indifferenti all’Autan.

Hurgada, 22 agosto

Altra levataccia, altro convoglio scortato fino ad Hurgada, sulla costa del Mar Rosso.
La strada fino a Luxor è stata la stessa dell’andata, e poi si è snodata attraverso il deserto orientale caldo, arido e pietroso.
Hurgada si trova sulla costa, arida e pietrosa come il deserto che le è alle spalle; i cantieri di complessi immobiliari in costruzione imperversano ovunque, ed il centro cittadino è simile ad una povera Las Vegas: molte le scritte in cirillico sulle insegne dei negozi, parecchia gente a spasso, rivendite di souvenir egiziani a non finire.
Insomma, quasi un incubo.
Il nostro albergo, il Zak Hotel, sorge nella zona di Sigala, è dotato di una piscina con porte da pallanuoto e pallone a disposizione; le stanze sono abbastanza ampie e con un terrazzino che da sulla piscina: se fosse un tantino più rifinito e meno desolatamente deserto sarebbe un’ottima sistemazione.
Appena giunti, neanche a dirlo, bagno in piscina (alle sette di sera le spiagge – private, di proprietà degli alberghi che danno sul mare – erano “chiuse”), con partitella di pallanuoto.
Per la cena abbiamo scelto un ristorante specializzato in pesce, il Joker, che ha proposto dei piatti abbastanza buoni per circa 40 sterline egiziane a testa (6 euro).

Hurgada, 23 agosto

Finalmente in spiaggia!
Paghiamo 20 sterline per l’ingresso nella spiaggia dell’Hotel Bella Vista, di fronte al nostro una volta attraversata la strada, scegliamo lettino ed ombrellone, e ci accomuniamo all’ampia comunità slava che prende il sole sul piccolo arenile, con una densità di popolazione per metro quadro degna di una spiaggia libera di Ostia a ferragosto.
Ciò nonostante, e malgrado il vicinissimo attracco dei grossi motoscafi che partono per i giri turistici alle isole al largo al fine di praticare snorkeling ed immersioni, troviamo un’acqua calda e pulita, con piccoli banchi di reef (secondo me trasportati lì a bella posta) tra i quali circolano alcuni pesci colorati.
Come primo impatto con le tanto decantate acque del Mar Rosso non è eccezionale, ma siamo in una zona cittadina, e già so che con la gita all’isola di domani vedrò qualcosa di meglio.
Approfitto di una dimostrazione gratuita del locale diving club per provare una breve immersione con le bombole a pochi metri da riva: è stata la mia “prima volta” e, a dire il vero, pensavo si trattasse di qualcosa di più complicato.
Non ho avuto alcuna difficoltà a scendere fino a 5 metri, e la sensazione di vedere il mondo “da sotto” senza doversi preoccupare della scorta d’aria nei polmoni è stata piacevole: riproverò.
Passata la giornata in spiaggia, al ritorno in albergo nuova nuotata in piscina con pallone.
Cena al mitico Da Nanni, pizzeria di proprietà di una coppia di italiani trasferitisi qui, che propone pizze “vere” in piena tradizione partenopea e, addirittura, del “vero” caffè espresso: dopo giorni di Nescafè e ciofeche varie, i caffeinomani del gruppo hanno gioito.
Io, per conto mio, mi sono accontentato di una pizza napoletana con una valanga di acciughe sopra (pesantissima!) e di una spremuta di arancia fresca, di dimensioni notevoli.
Stremato dalla giornata al mare, sono crollato appena toccato il letto.

Hurgada, 24 agosto

Oggi è il compleanno di Federica, una delle romane del gruppo, e toccherà organizzare qualcosa.
Partiamo con una delle barche per fare snorkelling sul reef vicino alle Isole Gitfun: siamo stati portati su due diversi banchi corallini, popolati da una moltitudine di pesci colorati, poi ci è stato portato il pranzo a base di riso, pesce e/o pollo, ed infine siamo stati lasciati per un’ora e mezza su di un’isola dove c’era un bar ed alcuni ombrelloni di paglia (il cui utilizzo era, ovviamente, a caro prezzo, ma che sono stati ugualmente presi d’assalto dato il sole cocente che, di contro, le torme degli slavi non sembravano patire).
Forse l’impatto con la popolazione dei fondali è stato più stupefacente questo inverno nello Yemen, ma comunque non è stata una pessima idea quella di questa gita, anzi (prezzo concordato per persona, 13 euro).
Avrei voluto fare un’immersione con le bombole, ma ero l’unico del gruppo ad essere intenzionato, per cui non avrebbero potuto affidarci un istruttore solo per me, a meno che non avessi scelto di andare con un altro gruppo su di una barca diversa, e così ho ritenuto opportuno rinunciare e rimanere insieme ai miei compagni di viaggio.
Per una volta, nel gruppo non ci sono state grosse discussioni, e quindi posso ritenermi – almeno finora – soddisfatto.
In serata cena all’Al Arabi, ristorante che fa specialità libanesi, dopodiché show dei cinque maschietti del gruppo per il compleanno di Federica, che si è trovata in stanza cinque strippers in tanga con scritto sulle chiappe “A-U-G-U-R-I-F-E-D-E”: un successone!
Torta nella sala ristorante dell’albergo, e quattro salti all’African Bar di fronte, discotechina senza pretese semivuota, ma dove non potevo certo far andare da sole le fanciulle.

Il Cairo, 25 agosto

Giornata di trasferimento: formato il solito convoglio scortato, siamo risaliti lungo il Mar Rosso verso Suez ed Il Cairo, con una sosta per una visita al monastero di San Paolo lungo la via.
Tappa lunga e noiosa, con poco da fare sul pullman e poco da vedere fuori di esso.
Già è qualche giorno che sono annoiato da questo viaggio-non viaggio, molto prossimo ad una comoda gita turistica, per cui sto arrivando al limite della mia sopportazione.
Il monastero non è assolutamente eccezionale, ma vederlo serve a spezzare il tedio.
Un monaco ci porta in giro per una visita guidata, ci offre da bere e da mangiare (zuppa di fagioli con un ottimo formaggio e del buon pane fresco); lasciamo un’adeguata offerta e ripartiamo verso Suez, ove arriviamo di sera e non riusciamo a vedere né a fotografare alcunché (anche in forza del divieto che vige in tutta la zona).
Al Cairo arriviamo verso mezzanotte, ed alloggiamo all’Hotel Mayorca, in El Montasser Street 19, nella zona di El Agouza, ove ceniamo con pollo e riso.

Il Cairo, 26 agosto

Stamattina siamo andati a vedere la moschea di Al-Azhar: qui siamo stati accolti da un tale che si è definito muezzin, e che ci ha fatto fare un rapido giro della struttura, lanciando nel frattempo anatemi contro americani e musulmani sciiti (è stato l’unico in tutto l’Egitto che abbiamo sentito fare discorsi “fondamentalisti”); alla fine ha pressoché preteso un lascito alla moschea, per giunta in valuta straniera: parlava male degli americani, ma i dollari come li prendeva!
È iniziato poi il tragico giro del souk, con le fanciulle del gruppo che si fermavano ad ogni bancarella ed ogni negozio; alla fine avevo le gambe a pezzi, e ho rinunciato alla visita del quartiere copto per andare a dormire in albergo.
Pessima cena alla sede cairota dell’Al Arabia, già sperimentato ad Hurgada, passeggiata in riva al Nilo, ed inaugurazione, in una stanza dell’albergo, di uno degli sheesha acquistati in giornata al souk.
Finalmente è finita.

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Viaggio strano, stavolta.
Innanzi tutto perché ho fatto il turista vero e proprio, a bordo di un pulmino con itinerario prefissato ed immutabile, concordato con la polizia turistica, con gli alberghi già tutti prenotati, e senza possibilità di variazione alcuna in base all’ispirazione del momento.
E poi per quell’atmosfera “blindata” causata dalla presenza massiccia – e, talvolta, opprimente – delle forze dell’ordine locali: convogli scortati, agenti armati a bordo del nostro mezzo, metal detector all’ingresso di siti archeologici ed alberghi, poliziotti armati ad ogni angolo e dietro ogni colonna.
Capisco che è passato neanche un mese dalla strage di Sharm El-Sheik, ma secondo me se qualcuno volesse colpire di nuovo i (pochi) turisti non avrebbe difficoltà a farlo, nonostante l’ingente spiegamento di forze.
Grazie al percorso “via terra”, alternativo rispetto alle solite crociere, siamo riusciti a vedere dei luoghi solitamente non inclusi nella maggior parte dei viaggi in Egitto, ovvero gli spettacolari templi di Abydos e Dendara, nonché le tombe rupestri di Beni Hasan.
A parte al maschera di Tutankhamen al museo del Cairo, proprio Abydos e Dendara sono stati, per me, gli “highlights” del viaggio.
Abbiamo avuto occasione di percorrere l’Egitto rurale, che sfrutta l’acqua del Nilo per le coltivazioni spesso condotte senza macchine agricole particolarmente moderne.
Le cittadine sono per lo più composte da case né belle né curate, e nelle strade dominano polvere e sporcizia.
Si nota quasi una minore dignità perfino rispetto ad altri Paesi islamici che ho visitato.
L’atteggiamento della popolazione nei nostri confronti non è mai stato ostile, anzi, ma spesso – ovvero, come di consueto – eravamo visti soltanto come polli da spennare.
D’altra parte, l’Egitto vive prevalentemente di turismo, e dopo gli attentati di Sharm pare che le prenotazioni siano state annullate per l’85%.
Ad ogni modo, questa volta non ci sono stati grossi litigi nel gruppo, e tutto – o quasi – è filato liscio.
Dei pro e dei contro dei viaggi con Avventure nel Mondo ho già scritto nei precedenti diari, e non mi sembra il caso di ribadire concetti già espressi.
Però non vedo l’ora di tornare a fare il viaggiatore “vero”, libero ed indipendente, con qualcosa di “mio” da scrivere nel diario di viaggio, e non un semplice elenco di cose viste e fatte.